Gli anni 2000
Tra il 2000 ed il 2001, la direzione si concentra su un forte rafforzamento delle infrastrutture, affiancando ai palazzi storici nuove ampie strutture, ristrutturate o create appositamente per il festival, migliorando i collegamenti tra le diverse zone e portando lo spazio totale a disposizione della rassegna ad oltre 11.000 metri quadrati.
Dal 1999 al 2001 il responsabile della mostra è Alberto Barbera. Nel 2001 viene creata la sezione, competitiva anch’essa, “Cinema del Presente”; accanto al Leone d’Oro appare dunque un nuovo premio, il Leone dell’Anno, teso a dare maggior rilievo ed opprtunità a opere prime e film più “marginali”, pellicole con un pubblico di nicchia, orientate all’innovazione e all’originalità creativa, in una corsa continua alla sperimentazione.
La mostra continua ad essre un’efficace vetrina per nuovi talenti che desiderano farsi notare all’attenzione internazionale: in questo contesto si inseriscono, per esempio, i nomi di Spike Jonze con Essere John Malkovich, David Fincher con Fight Club, Kimberly Peirce con Boys Don’t Cry e Harmony Korine con Julien Donkey-Boy nel 1999, Christopher Nolan con Memento e Tarsem Singh con The Cell l’anno successivo, Alejandro Amenábar con The Others, Antoine Fuqua con Training Day ed Albert e Allen Hughes con La vera storia di Jack lo Squartatore nel 2001.
Evento clou degli ultimi anni è, senza dubbio, la premiere, postuma, il 13 settembre 1999 dell’ultima opera di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut, un evento speciale in grado di richiamare al Lido di Venezia una mole enorme di spettatori, grazie soprattutto all’eccezionale presenza della coppia protagonista, Nicole Kidman-Tom Cruise.
L’anno successivo, l’evento speciale di maggior importanza e richiamo è sicuramente l’anteprima del film-documentario di Martin Scorsese sul cinema italiano, Il mio viaggio in Italia.
Alcuni giovani registi italiani si mettono in bella luce durante questi anni, basti ricordare l’exploit di Matteo Garrone con il suo lavoro d’esordio, L’imbalsamatore, ma i Leoni d’Oro assegnati in questi anni sono attribuiti ad opere provenienti dalle scuole di cinema d’Oriente: Non uno di meno del maestro cinese Zhang Yimou, Il cerchio di Jafar Panahi ed infine Monsoon Wedding di Mira Nair.
Nel 2002 l’edizione viene organizzata un po’ in fretta, in pochi mesi di tempo, sotto la direzione questa volta di Moritz De Hadeln. Nonostante ciò, la rassegna riesce a proporre un programma di grande interesse, uno sguardo completo sul panorama cinematografico mondiale odierno, creando ancora una volta un efficace mix tra autori già affermati e giovani emergenti.
Ancora una volta è l’Oriente la sorpresa della mostra, rappresentato egregiamente dal regista giapponese Takeshi Kitano, già vincitore nel 1997 con Hana-bi – Fiori di fuoco, che presenta questa volta un film leggermente diverso dal suo solito, Dolls, un’opera più poetica e riflessiva, e l’esordiente Chang-dong Lee, autore di Oasis, primo rappresentante del cinema coreano, una realtà in rapida espansione ed una delle più interessanti del panorama mondiale.
11 settembre 2001 è il film collettivo presentato come evento speciale nel 2002, un’opera che vuole essere un omaggio alle vittime dell’attentato e un monito a ricordare la tragedia. Il film, diviso in 11 episodi girati da Youssef Chahine, Amos Gitai, Alejandro González Iñárritu, Shohei Imamura, Claude Lelouch, Ken Loach, Samira Makhmalbaf, Mira Nair, Idrissa Ouedraogo, Sean Penn, Danis Tanovic, attira l’attenzione dei mass-media, al pari del Leone d’OroThe Magdalene Sisters di Peter Mullan.
La 60° edizione della mostra viene inaugurata dal nuovo film di Woody Allen, grande amante della città lagunare, ma per la prima volta al Lido per un’anteprima, Anything Else.
Ancora una volta, l’organizzazione punta molto sulla massiccia presenza di stelle hollywoodiane sulle passerelle della mostra, ottenendo la presenza di divi del calibro di George Clooney e Catherine Zeta-Jones, giunti in Italia per presentare l’ultima opera dei fratelli Joel ed Ethan Coen, Prima ti sposo poi ti rovino, Sean Penn, premiato come miglior attore con la Coppa Volpi, e Naomi Watts per 21 grammi di Alejandro González Iñárritu, Anthony Hopkins, protagonista di La macchia umana di Robert Benton, Salma Hayek e Johnny Depp con C’era una volta in Messico di Robert Rodriguez, Bill Murray con Lost in Translation – L’amore tradotto di Sofia Coppola, Tim Robbins, regista ed interprete di Code 46, ed infine Nicolas Cage, protagonista dell’ultima opera di Ridley Scott, Il genio della truffa.
Per quel che riguarda i film in concorso, ancora una volta la mostra è scossa dalle polemiche: il Leone d’Oro va a Il ritorno, dell’esordiente russo Andrej Zvjagintsev, che si aggiudica, quindi, anche il riconoscimento Leone del Futuro, il premio per la migliore opera prima. La polemica viene portata avanti da Marco Bellocchio, autore di Buongiorno, notte, film sul sequestro di Aldo Moro, ignorato dalla giuria. L’accusa, al di là della delusione personale, punta il dito contro una linea di pensiero tesa a non premiare il cinema italiano, alla ricerca di un rilancio, (l’ultimo Leone d’Oro solo nel 1998 a Gianni Amelio) a scapito di altre opere straniere. Critica e pubblico si schierano a favore del regista italiano, chiedendo almeno un premio ex aequo, ed i film italiani presenti raccolgono comunque tutti un deciso successo, a partire dall’ultima fatica di Bernardo Bertolucci, con The Dreamers.
La selezione dei film presenta ancora una volta un’ampia finestra sul panorama mondiale, andando dall’Europa all’Asia, puntando molto sulla cultura del Mar Mediterraneo, luogo di incontro e scambio culturale da millenni. Tra i registi più noti ancora una volta Takeshi Kitano, che con il premio speciale alla regia porta a casa un’altra statuetta dopo il successo del 1997, poi Amos Gitai, Randa Chahal Sabbaq, Jacques Doillon e Tsai Ming-Liang.
Fuori concorso il film Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, legato al Leone d’Oro alla carriera ad Omar Sharif, premiato insieme al produttore Dino de Laurentiis, uno dei personaggi più importanti della cinematografia italiana.
La sezione “Controcorrente”, grande novità dell’edizione 2002, presenta film di particolare vitalità ed originalità, come le opere di Hiner Saleem, Vodka Lemon (vincitore del Premio San Marco), Sofia Coppola, Lost in Translation – L’amore tradotto (poi vincitore di un Oscar per la miglior sceneggiatura originale), John Sayles, Casa de los babys, Michael Schorr, Schultze vuole suonare il blues, l’accoppiata di registi danesi Lars Von Trier e Jørgen Leth, Le cinque variazioni, ed infine i giovani registi siciliani Daniele Ciprì e Franco Maresco, Il ritorno di Cagliostro.
Dal 2004 la direzione passa a Marco Müller, grande amante e conoscitore del cinema orientale, che ottiene una maggiore attenzione da parte della rassegna. Tra le novità inserite vi sono la sezione “Cinema Digitale”, dedicata alle nuove tecnologie digitali. Nel 2004 e nel 2005 vengono dedicate due retrospettive alla “Storia segreta del cinema italiano”, un progetto nato per recuperare i film di genere degli anni ’60 e ’70 (la prima parte, nel 2004, era intitolata “Italian Kings of the B’s”). Nel 2005 è stata dedicata una retropettiva alla “Storia segreta del cinema asiatico”.
L’edizione 2004 ha premiato con il Leone d’Oro alla carriera i registi Manoel de Oliveira e Stanley Donen, e ha assegnato il Leone d’Oro per il miglior film a Il segreto di Vera Drake di Mike Leigh.
Nel 2005 il premio alla carriera è stato assegnato al maestro del cinema d’animazione giapponese Hayao Miyazaki e all’attrice italiana Stefania Sandrelli, mentre il premio per la miglior pellicola è andato a I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee.
Per la prima volta dal dopoguerra, l’edizione del 2006 ha portato in concorso soltanto opere in anteprima mondiale. Madrina della rassegna è stata l’attrice italiana Isabella Ferrari. Il Leone d’Oro alla carriera è stato consegnato al regista statunitense David Lynch. Alcune critiche sono state rivolte alla giuria, presieduta da Catherine Deneuve, riguardo alla scelta del film vincitore: il Leone sembrava destinato a Nuovomondo di Emanuele Crialese o a Bobby di Emilio Estevez, superati però in extremis da Still Life di Jia Zhangke, passato inosservato da pubblico e critica perché inserito in concorso come “film a sorpresa”. Il film di Crialese ha comunque ricevuto un inedito “Leone d’Argento Rivelazione”, creato ad hoc su richiesta della giuria.
Nel 2007 il Leone d’oro viene vinto di nuovo da Ang Lee con il film Lussuria, mentre il Leone d’oro alla carriera viene consegnato a Tim Burton. In occasione del 75° “compleanno” della mostra, viene istituito un premio speciale, consegnato a Bernardo Bertolucci.
Nel 2008 vince The Wrestler di Darren Aronofsky, mentre il Leone d’oro alla carriera va ad Ermanno Olmi. Rimarcabile in questa edizione il passaggio di The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, ignorato dalla giuria del Festival e premiato l’anno seguente con sei Premi Oscar, tra cui miglior regia e miglior film.
Il 2009 vede importanti cambiamenti dal punto di vista organizzativo: vengono aperti i cantieri per la realizzazione del nuovo palazzo del cinema, quindi viene spostato l’ingresso dell’ex Palazzo del casinò sul lato Darsena. La sala PalaLido (già PalaGalileo) cambia di nuovo nome in “Sala Darsena”. Viene inoltre aperta una nuova tensostruttura, di fronte alla scalinata del Casinò, che prende il nome di “Sala Perla 2”. Viene inoltre creata la sezione competitiva “Controcampo italiano”. La giuria, presieduta da Ang Lee, vincitore di due Leoni nel giro di tre anni, assegna il Leone d’oro al film israeliano Lebabon.